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In ricordo di Sandra, vittima di femminicidio

luttoSono passati due anni dall’uccisione di Sandra Fillini da parte di suo marito (assolto in aprile dal giudice per l’udienza preliminare perché in preda a un delirio temporaneo), e ci ritroviamo a ricordarla con una grande amarezza e un profondo senso di ingiustizia e inciviltà.

Una donna è stata uccisa con estrema crudeltà ed efferatezza dal suo compagno e, assieme a lei e come lei, tante donne di diversa età, provenienza, professione, estrazione sociale, hanno trovato la morte per mano di chi diceva di amarle. Questo è il femminicidio: una donna uccisa ogni 3 giorni per mano del suo (ex) marito o (ex) compagno.

Come Sandra, molte di queste donne, vittime di crudeltà e di un’idea patriarcale di amore possessivo, vengono incolpate e biasimate anche dopo morte: “Se l’è cercata”, “Aveva comunque un altro uomo”, “Era troppo spregiudicata”. Queste sono le voci di popolo, le chiacchiere di paese che si levano alte, sopra un qualsiasi buon senso o un minimo sentimento di giustizia. Perché il nostro sguardo non si rivolge mai verso chi ha commesso l’omicidio, anzi, il femminicidio? E’ questa persona, quest’uomo che tanti aspetti diversi può assumere (anche e soprattutto quello di persona insospettabile) che è responsabile di questo crimine. Non ci sono scuse, non ci sono giustificazioni o appigli legali che possono negare una tale gravissima responsabilità.

Finché la nostra cultura continuerà a giustificare tali crimini contro la donna, a trovare una spiegazione assolutoria dell’assassino, non riusciremo mai a sconfiggere la violenza sulla donna: continueremo solo a volgere lo sguardo altrove senza mai guardare alla realtà. E in questo modo non saremo diversi da quegli automobilisti alla periferia di Roma che non si sono fermati per soccorrere Sara che chiedeva aiuto (ultima vittima di femminicidio, 22 anni, bruciata viva dal suo ex compagno). E l’hanno così condannata ad una morte certa.

Le amiche di Mafalda